Porto di Siracusa, visita all' Humanity 1.
È sempre questo mare, il canale di Sicilia, che da millenni è contemporaneamente barriera, confine, strada, ponte.
È sempre questo mare, su cui disputano gli uomini, gli stati, le diverse correnti politiche.
Il palcoscenico naturale in cui si sviluppa la storia, il dramma, la voglia di riscatto, lo spirito di sopravvivenza, l'incuria, la vita, la morte e spesso l'amnesia.
La nave è ormeggiata al molo adiacente al ponte S. Lucia nell porto di Siracusa; la osservo dall'ingresso della dogana: il blu e il giallo dello scafo, le bandiere al vento.
Ha un aspetto placido, che nulla fa trapelare dei trascorsi in mare, delle vite che l'hanno attraversata, dei sorrisi e delle lacrime che su di essa si sono consumate.
Saliamo a bordo e veniamo accolti da alcuni giovani, due ragazze marinaie della nave, probabilmente spagnole e un'altra siciliana che ci farà da guida.
Ci dice di aspettarla sul ponte perché, di lì a pochi minuti, avrà inizio la visita guidata.
Il ponte principale della nave è stato adibito a mostra fotografica. Scatti prevalentemente in bianco e nero, ci mostrano scorci della vita sulla nave e dei salvataggi in mare.
Le foto ritraggono lo stesso ponte su cui ci troviamo adesso, stracolmo di persone, uomini donne, bambini e membri dell'equipaggio, coperte, vestiti e sguardi ... soprattutto sguardi.
Poco più avanti, le docce e i bagni, le panche, i tavoli ed una piccola biblioteca. Molti disegni di bambini sono appesi in una parete insieme a due grandi cartine del mediterraneo e dell'Europa.
Un' altra parete viene utilizzata come bacheca per gli avvisi, sono moltissimi perché ognuno di essi è trascritto in diversi idiomi, molti per me sconosciuti. Riesco solo a distinguere l'italiano, l'inglese ed il francese; sono regole di comportamento a bordo ed informazioni con numeri di telefono di svariate associazioni internazionali.
Il ponte è voce narrante di ciò che si svolge sulla nave.
Adesso, vuoto e silenzioso, si prende un momento tutto suo per raccontare,con parole proprie, ciò che ha visto ed accolto tra le tavole in legno del suo pavimento, tra i teloni, che lo riparano dalla pioggia, dal mare e dal freddo, sotto le lampade per il riscaldamento che pendono dal tetto.
La nostra guida giunge da noi, siamo un gruppo di circa una dozzina di persone.
Si presenta. Oggi fa molto caldo a Siracusa ed il tasso di umidità dell'aria è elevatissimo. Noto subito, dal tono della voce, che la ragazza è un po' emozionata nel presentare la nave e parlarci delle attività di soccorso.
Pian piano ci illustra il lavoro che svolge insieme all' equipaggio, ci spiega come si effettuano i salvataggi in mare e tutte le regole a cui bisogna attenersi.
Ci mostra i gommoni che vengono calati in acqua per il recupero dei naufraghi, il luogo dove vengono accolti e registrati, dove si svolge il triage, dando priorità alle emergenze.
Sulla nave esiste una piccola sala operatoria attrezzata, qui il medico di bordo interviene nei casi in cui non è possibile attendere i trasferimenti per i soccorsi ospedalieri.
Ad ogni naufrago tratto in salvo, viene dato uno zainetto contenente uno spazzolino da denti, una tovaglia, mutande e calzini puliti, una tuta, una coperta, una bottiglia d'acqua ed una barretta iperproteica.
Le prime ore di un salvataggio in mare sono le più concitate, si dà precedenza a donne e bambini che vengono portati a bordo e visitati per primi.
Poco più avanti sul ponte ci sono due grandi dispenser che contengono tè caldo per tutto il viaggio.
Lateralmente ai dispenser sulla destra, si apre una porta che conduce ad una piccola stanza protetta, questa è tappezzata di disegni e dal tetto pendono degli origami a forma di uccelli, a ridosso di una parete è posto un fasciatoio, attrezzature di vario genere, un lettino medico ed alcuni giochi per bambini.
Questo luogo protetto costituisce il ricovero di donne e bambini, nonché una sorta di asilo, per intrattenere i più piccoli durante la navigazione. Sempre in questa stanza si svolgono le visite ginecologiche ed il personale addetto è solo ed esclusivamente femminile.
Le donne, purtroppo, sono le vittime più esposte di questo traffico di vite umane.
La maggior parte delle sopravvissute, che qui vengono visitate, ha subito violenza sessuale e torture di ogni genere.
Le loro ferite persistono, non solo nel corpo, ma ancor più profondamente nell'animo ed è necessario al momento dei soccorsi offrire loro il maggior supporto medico e psicologo possibile.
Nella stanza protetta, delle donne visitano, curano e asciugano le lacrime di altre donne, in un piccolo nucleo che le accoglie cercando di lenire l’orrore.
Osservo le foto di alcune di loro, su i loro volti ritrovo il trascorso di una sofferenza indicibile, solcato da un raggio luminoso di speranza.
È quello che in fondo accomuna tutte le donne del mondo, è la forza primordiale che ci fa andare avanti in ogni circostanza.
Molte di loro stringono al petto dei bambini, alcuni appena nati; queste, come tutte le madri del mondo, trattengono, tra le braccia, tutta la forza della vita.
Sono l'esistenza che, anche se offesa, non cede, non indietreggia, non molla, forte solo dell'amore per quella indifesa vita che stringe a sé.
Così, davanti a queste immagini, ritorna prepotente il pensiero del mare.
Il corpo inerte di un bambino che lentamente scivola nell'abisso e le braccia vuote di una madre che ha lottato e perso.
Flutti marini trascinano costantemente con sé la vita, annegando l'amore, i sogni e le speranze, separando per sempre ricordi, storie e famiglie.
Il mare visto dal molo è una pacifica distesa d’acqua, sinonimo di gioia, divertimento e vacanze, per noi qui al sicuro.
Lo osservo ancor più attentamente, come se potessi osservare l’orizzonte a miglia di distanza ed è agghiacciante la consapevolezza che lì, in mare aperto, questa perdita, continua perennemente a ripetersi nell'immensa distesa d'acqua, che separa due continenti e che è diventata la culla blu di una morte che sembra non aver fine.
Il percorso nella nave ci porta ad un ponte superiore ed ad un successivo punto di avvistamento, posto in alto sulla nave. La nostra guida ci spiega che il radar di bordo purtroppo non riesce a registrare la presenza di forme che non abbiamo angoli ben definitivi, pertanto i gommoni presenti nei paraggi del luogo di ricerca, non possono essere visti se non fisicamente.
Così due marinai, stanno sempre di vedetta a scrutare dall'alto il mare, in cerca di eventuali naufraghi.
Osservo da vicino questo piccolo mondo galleggiante; da fuori, dalle notizie del telegiornale non si riesce pienamente a comprendere il corpo umano, inteso come la comunità che su queste navi si crea e agisce.
Qui si annullano molte barriere e si rimane solamente esseri umani, insieme, tutti veramente sulla “stessa barca”.
La nostra guida insiste, ripetendo con una punta di orgoglio, che sulla nave si cucinano pasti uguali per tutti, sia naufraghi che membri dell'equipaggio e si mangia tutti insieme sul ponte principale. Quando lo ripete i suoi occhi sembrano sorridere e aggiunge: - Consumare insieme i pasti, crea comunità!
Questa giovane donna che ha passato due anni compiendo salvataggi in mare, ha iniziato come volontaria e adesso si occupa della logistica, rifornendo la nave di tutto il necessario prima di ogni partenza.
Ad alcune nostre domande risponde molto lievemente; lei ha visto… e non riesce a descrivere, non può e non vuole, perché è chiaro che questo le provoca sofferenza.
Ci racconta che la nave, tempo fa, ha imbarcato, in un solo salvataggio, il numero incredibile di circa quattrocento naufraghi e per giorni la situazione igienico sanitaria è stata al collasso.
Alcune volte non si riesce a salvare tutti.
Si recuperano i corpi in mare e nella parte più alta della nave c'è una zona più ombrosa che viene riservata ai sacchi con i cadaveri.
Ascoltiamo e osserviamo tutto in silenzio.
La nostra guida ci spiega tutta la procedura per cui bisogna chiedere ed attendere l'autorizzazione al soccorso e l'assegnazione di un porto sicuro, che per le ONG non è mai il porto più vicino, ma richiede giorni e giorni di navigazione.
Intenzionalmente vorrei non entrare all'interno delle diverse posizioni sull’argomento migranti. Intenzionalmente vorrei non fare alcun riferimento al processo in corso, che vede imputato un ministro dello stato italiano. Dico intenzionalmente, perché su questi temi si sprecano già fiumi e fiumi di parole, da parte di giornalisti, opinionisti, giuristi, maggioranza, opposizione e "difensori della patria dall'invasione"…
Io insieme ai miei ragazzi, in un caldo giorno d’estate, ho semplicemente scelto di vedere da vicino una nave che, non porta merci, non conduce turisti in viaggio, ma ha il solo scopo di salvare vite in mare. Su questa nave ho trovato i sorrisi dei giovani dell' equipaggio e colto il dolore dentro le loro vicende.
Noi abbiamo visto e sentito solamente uomini e donne che salvano altri uomini, donne e bambini, al di là di ogni posizione personale, concettuale o politica e questo credo debba essere tutto.
Il nostro giro a bordo è finito, ringraziamo l'equipaggio stringendo loro le mani.
Chissà quante mani di sono strette su questa nave? Chissà quante ancora se ne stringeranno?
Dei gabbiani volano sulle nostre teste e si adagiano sull’albero della nave, mentre il mare, indifferente alle vicissitudini umane, silenzioso ci osserva.
Testo e foto di Maria Spalletta
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