Castello Manfredonico di Mussomeli, la provincia di Caltanissetta da scoprire tra storia e leggende





Visibile da lontano, svetta come una nave che solca il  verde dei dolci prati primaverili. 

Imponente in tutto il suo splendore, abbracciato ad una rupe di roccia calcarea. Non si può fare altro che ammirare  con emozione questo baluardo di storia che da secoli custodisce immutato il suo splendore e le sue legende.

All'ingresso ci accoglie il personale della biglietteria che gentilmente ci indirizza al percorso di entrata. Ad ogni passo la suggestione di questo luogo aumenta, le scale d'accesso sono scavate nella roccia calcarea e percorrerle, immaginando cavalli e cavalieri che già le percorsero, rappresenta una sorta di viaggio nel tempo. Incredibile il panorama che si scorge da questa rocca, lo sguardo si perde tutt'intorno, insieme al volo di alcuni rapaci in caccia tra quest'altura. 






Salendo ancora più su, un mandorlo in fiore appena  sfiorato dal vento cresce ai lati del percorso d'accesso e fa da cornice naturale al tragitto. Di lì poco avanti ci attende l'attraversamento di un ponte levatoio, prima difesa del castello contro gli antichi attacchi dei nemici. Attraversato l'arco d'ingresso e le mura di cinta si entra nella corte del castello. 








Ad attenderci le scuderie, oggi riadattate a sala congressi, ne percorriamo il nuovo pavimento in vetro che lascia trasparire l'impianto originale e le fondamenta ed è come se fossimo sospesi a mezz'aria tra presente e passato. Uscendo fuori dalle scuderie il percorso continua, attraversiamo un'altro arco contornato da stemmi ed entriamo nel cuore pulsante del maniero. Ad accoglierci il custode, esperta guida dalla profonda conoscenza del castello. Ci racconta delle origini e delle legende e ci conduce in un viaggio nella storia viva di questo luogo. Ad ogni sua parola o aneddoto rimaniamo rapiti. Comprendendo come il suo, non sia solo un ruolo lavorativo, ma una vera e propria passione, una conoscenza completa della storia di questo luogo che grazie ai suoi racconti acquista ai nostri occhi ancora più suggestione e bellezza. Il castello Manfredonico Chiaramontano prende il nome dal suo fondatore Manfredi III Chiaramonte che nel 1366 ottenne da Federico III la signoria di Castronovo e le terre di Mussomeli. Nello stesso anno iniziò la costruzione del castello, probabilmente su una precedente roccaforte araba. Oggi sono attualmente in corso delle scansioni della  rocca per cercare di carpire i segreti nascosti alle sue fondamenta. Visibili nella corte i resti delle cucine e dei magazzini sulla destra, mentre a sinistra il percorso si articola in diversi livelli. Delle scale conducono nei sotterranei adibiti a prigioni, adiacenti a questi cunicoli, la sala delle torture ed il dormitorio dei soldati. Una stanza ci viene fatta notare con particolare attenzione, si tratta di un piccolo vano utilizzato per le confessioni dei prigionieri e caratterizza da una botola  posta sul pavimento che aprendosi all'improvviso precipitava il malcapitato dall'alto, all'interno di una camera sottostante. La caduta quando non conduceva alla morte immediata della vittima, provocava gravissime fratture e ferite. La stanza in cui il prigioniero piombava era una vera e propria "camera della morte" poiché presentava dalla parte alta a destra,  lo sbocco di un condotto d'acqua a cui a comando  dei carcerieri affluiva un'enorme quantità d'acqua proveniente dalle cisterne di raccolta dei pluviali del castello. Il getto di centinaia di litri d'acqua, sommergevano l'intera stanza affogando se ancora vivo ,il malcapitato. Nella parte opposta alla bocca di accesso dell'acqua era presente in basso un ulteriore botola di scarico, che azionata a comando si apriva e precipitava l' intero flusso d'acqua insieme alla vittima, dallo strapiombo  della rupe del castello.









Il piano signorile dell'impianto, presenta al suo interno svariati ambienti tra cui camere da letto  e saloni. Il più importante di questi ambienti è la sala detta dei baroni, in questo luogo Andrea Chiaramonte successore di Manfredi, tenne nel 1391 un incontro di nobili siciliani per tramare contro gli Aragonesi di Re Martino I. La  cosiddetta congiura dei baroni rimase però inattuata e Andrea, lasciato solo dai congiurati, fu accusato di tradimento e impiccato nel 1392 a Palermo,  proprio nella piazza antistante al Palazzo Steri, che era la sede della magnificenza e del potere dei Chiaramonte.

Giustiziato Andrea, il castello di Mussomeli fu confiscato ai Chiaramonte e passò ai Moncada e successivamente ai de Prades, Castellar, Petrapertusa,Ventimiglia e Campo. Nel 1549 iniziò la lunga detenzione del castello e del feudo di Mussomeli da parte della dinastia Lanza che si  protrasse per oltre 4 secoli.

L’antico maniero fu abitato fino al 1600 quando i Lanza trasferirono la loro dimora nell' abitato di Mussomeli che dista 2 km. Il castello che venne successivamente adibito a carcere. Dismesso anche dalla funzione carceraria, il maniero attraversò  un periodo di abbandono e di decadimento.

Fino a quando  nel XIX secolo furono intrapresi i primi interventi di recupero. Nel 1909 l’onorevole Pietro Lanza discente  dall'antica dinastia, incaricò Ernesto Armo, docente universitario alla Facoltà di Architettura di Palermo, di eseguire radicali interventi di restauro. Successive opere di riqualificazione sono state poi eseguite negli ultimi anni, fino ad oggi.

La visita al castello, tra meravigliose bifore da cui è possibile ammirare il grandioso paesaggio, prosegue per una scaletta che da accesso ad una piccola camera detta delle "tre donne". Si narra che, un tempo, il castello era abitato dal principe Federico che aveva tre sorelle molto belle, Clotilde, Margherita e Costanza. Il principe un giorno dovette andare  il guerra e, non avendo a chi affidare la custodia delle tre sorelle, decise di chiuderle in una camera, lasciando loro il cibo necessario e facendo murare la porta d'accesso della stanza.

La guerra, però, si protrasse più del previsto  e le tre ragazze consumarono tutto i viveri.

Nel Castello non era c’era nessuno a cui chiedere aiuto e le ragazze morirono di fame prima che il fratello potesse fare ritorno. Finita la guerra il principe corse al castello e nella stanza trovò  le tre sorelle morte, nell' atto di stringere le loro scarpe tra i denti nel disperato tentativo di nutrirsi delle suole. Da allora la camera viene detta "delle tre donne" e sempre secondo la leggenda gli spiriti delle tre sorelle continuano ad invocare aiuto durante la notte, sicché pare che più d'uno avvicinandosi a questi luoghi le abbia udite lamentarsi.

Altre storie leggendarie si intrecciano al castello, anime che vagano in cerca di pace come quella di Don Guiscardo de la Portes, il cui spirito nel 1975, pare sia comparso all' allora custode Pasquale Messina.

Il fantasma raccontò al custode la sua storia: era figlio di un ricco mercante spagnolo e marito della bella Esmeralda da cui attendeva il loro primo figlio. Nel 1392 Guiscardo dovette partire con l’esercito di Re Martino I a causa  della congiura di Andrea Chiaramonte. Dopo  che Chiaramonte, fu catturato e , giustiziato, Guiscardo  volle visitare il Castello di Mussomeli. Durante il suo viaggio da Palermo, venne  però attaccato dai soldati di Don Martinez, un uomo innamorato di Esmeralda e da lei sempre rifiutato che voleva vendicarsi, uccidendole il marito. Così Guiscardo, ferito gravemente, giunse al castello e li morì imprecando per la sua sorte contro Dio. Da allora in poi il suo spirito senza posa rimase intrappolato nelle mura del castello a vagare per mille anni per espiare la colpa di aver imprecato Dio in punto di morte. Altra leggenda strettamente legata alla dinastia dei Lanza e a fatti realmente accaduti, è quella che si intreccia con la vicenda di Laura Lanza baronessa di Carini trucidata da padre Don Cesare Lanza conte di Mussomeli. Si narra che in alcune notti si sia visto il fantasma della baronessa aggirarsi nel castello,  in cerca del padre per vendicare la propria sorte. 






Il nostro percorso si conclude con la visita alla cappella della Madonna della Catena anche qui storia e leggenda si intrecciano, come quella che narra della sfida tra tre ragazzi per chi avesse il coraggio di piantare a mezzanotte un chiodo sull'altare della chiesa. Uno dei tre a mezzanotte si recò nella cappella e piantò un chiodo, all'improvviso udendo dei gufi, ebbe paura e cercò di fuggire rimanendo impigliato con il proprio mantello nel chiodo stesso appena piantato. Cercando di liberarsi in preda alla paura, inciampò e sbattendo la testa morì. La superstizione popolare ritiene che anche lo spirito del ragazzo sia un'altro dei fantasmi che abitano il castello e vaghi di notte chiedendo perdono a Dio per avere profanato il suo altare. Completiamo il nostro viaggio al castello ringraziando di cuore il custode e grati volgiamo un ultimo sguardo a questo splendido maniero che racchiude in se tante storie e leggende. Proseguiamo la nostra escursione con una visita al paesino di Mussomeli,  secondo alcuni il nome deriverebbe da Mons Mellis: Monte di Miele.







L' abitato con le sue chiese i suoi monumenti e la sua tranquillità  offre un oasi di pace lontana dal vivere stressante convulso delle città. Ci perdiamo tra stradine, monumenti, palazzi nobiliari e ad ogni passo è  come se si ascoltasse un racconto, un ritratto di vita e di storia tipico di questo entroterra siciliano. Consigliamo a tutti questo itinerario, la scoperta di luoghi ricchi di fascino e leggenda, il camminare lento e tranquillo lo stupore di alcuni scorci. Mussomeli e il suo castello sono luoghi della nostra splendida isola che andrebbero valorizzati, per i siciliani  e per chi giunge da fuori regione, la loro conoscenza arricchisce il nostro bagaglio culturale e ci rende più consapevoli della nostra storia.

Alla prossima scoperta

I vostri Cacciatori di Orizzonti.

Testo di Maria Spalletta 

CASTELLO MANFREDONICO – Viale del Castello, 93014 MUSSOMELI (CL) – Sicilia- Italia 

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