Il Colosseo Nero di Catania


 

Il “Colosseo Nero”, così viene anche soprannominato questo monumento dell'antichità che, seminascosto, sbircia la mia città dal basso. È un luogo che ogni Catanese conosce, ma presso cui non tutti si sono addentrati, provando ad ascoltare echi, sospiri e leggende del secondo anfiteatro romano più grande della storia dopo il Colosseo di Roma.

Incredibilmente questa meravigliosa opera dell'antichità, visibile da piazza Stesicoro, oggi sorregge la Catania che ammiriamo, molti dei suoi prestigiosi palazzi nobiliari, una cospicua parte della facoltà di giurisprudenza di Villa Cerami e dei suoi giardini, nonché parte della stessa via Etnea, il cosiddetto “salotto di Catania”.

La storia di questo anfiteatro, che “trapela” da sotto il livello stradale, conservando intatto tutto l'alone di sotterraneo mistero che lo caratterizza, inizia durante il secondo secolo A.C. quando è datata alla sua costruzione.

L'impianto originale viene negli anni ampliato fino a contenere, con la sua elegante forma ellittica, circa 15.000 spettatori comodamente seduti e protetti dal caldo sole da una enorme, quanto ingegnosa, copertura di cotone.

Posizionato nella parte settentrionale della città era un tutt’uno con l'antica collina di Montevergine e proprio per la sua collocazione prevedeva diverse distinte entrate, sia dalla parte alta e collinare che dalla prospiciente parte bassa ed esterna più vicina al porto. 

Ogni ingresso era regolato per condurre  ad una specifica area dell' anfiteatro, permettendo al flusso di spettatori di dirigersi facilmente presso i propri posti ed ancor più facilmente di lasciare l’anfiteatro al momento dell'uscita.

Come appare scontato già dal soprannome “Colosseo Nero”, fu l'Etna onnipresente ad avere un ruolo fondante nella realizzazione dell’Anfiteatro. Costruito infatti interamente in solida eterna pietra lavica ed in parte rivestito da marmo bianco, costituiva la testimonianza più  visibile della magnificenza della Città in epoca Romana, essendo strutturalmente il più complesso ed il più grande degli anfiteatri dell’isola.

La tradizione vuole che al suo interno, oltre ai combattimenti tra gladiatori, si svolgessero anche le naumachie.

Vere e proprie battaglie navali che si mettevano  in scena attraverso complessi meccanismi ingegneristici ed idraulici che portavano al riempimento d’acqua dell’Anfiteatro, mediante l’antico acquedotto che, in epoca romana, aveva il compito di convogliare le acque dell’imponente fiume Amenano.

Questo fiume, nell'epoca di maggior splendore dell’anfiteatro, attraversava la città rendendola  ricca di acqua;  oggi è quasi del tutto sotterraneo e visibile all’aperto solo in alcuni punti tra cui piazza Duomo con la splendida fontana del fiume Amenano o cosiddetta “Acqua o linzolu”.

Successivamente, sempre l’Etna così  come contribuì alla creazione dell’Anfiteatro, sembrò decretarne la disfatta.

E si sa qui da noi :- “L’Etna dà e l'Etna toglie!” 

Questo  è ciò che caratterizza il suo fascino e purtroppo anche l'inappellabilità dei suoi verdetti 

La leggenda, tramandata nei secoli dalle varie generazioni di Catanesi vuole che, nel 252 D.C. una violenta eruzione dell’Etna abbia sfiorato l’Anfiteatro senza raggiungerlo, protetto dal velo di Sant’Agata martirizzata lì poco tempo prima.

Quella spaventosa eruzione passò alla storia come la colata di Sant’Agata , che nei secoli avvenire fornì il materiale  lavico che sarebbe stato usato per la costruzione di opere le architettoniche della città tra cui la stessa Cattedrale di Sant’Agata; il Castello Ursino durante l’epoca di Federico II, le fondamenta della chiesa di San Biagio, e molte altre.

Il destino dell' anfiteatro seppur salvato una volta dal miracoloso velo era ormai segnato. Con la fine dell'impero romano,  ebbero fine le spettacolari naumachie ed i combattimenti tra gladiatori, banditi dall'avvento della cristianità. 

Nei secoli l'anfiteatro ebbe svariati utilizzi, depredato dei marmi e dei decori architettonici divenne un singolare allocamento di botteghe di vetrai e macellai ed altri artigiani e commercianti la cui presenza è testimoniata da tracce di lavorazione in esso ritrovati. 

Gli antichi scritti ci raccontano che ancora nel 1200 D.C. l’Anfiteatro Romano venne utilizzato dagli Angioini, per i suoi numerosi accessi, per entrare in Città durante la cosiddetta guerra dei Vespri.

Successivamente il terribile terremoto, preceduto da una violentissima esplosione dell’Etna, che colpì Catania nel 1693,  distruggendola quasi completamente, seppellì l’Anfiteatro e la sua esistenza si perse nella polvere del tempo.

Seguì il definitivo oblio, il seppellimento ed il totale inglobamento alla collina ed alla città che  viene ricostruita su di esso. 

Che Catania fosse stata sepolta è ricostruita svariate volte  è cosa  conosciuta, ma che sotto il calpestio di persone,  carri e carrozze si celasse silente un'opera grande quasi come il Colosseo, fu una sorpresa che, solo grazie all'iniziativa di un uomo, stupì  il mondo intorno al 18°secolo. 

In quell'epoca infatti solo grazie all’impegno ed alla passione del Principe di Biscari, archeologo e mecenate italiano, che vi investì cospicue somme del proprio patrimonio, l'anfiteatro ritornò in parte a rivedere la luce. 

L' opera archeologica fu però un susseguirsi di riprese e di completi abbandoni tantoché, si scoprì  successivamente che i suoi fornici furono adibiti a scarico dei pozzi neri degli splendidi palazzi barocchi che nel frattempo sorgevano in città.

Da allora si diffusero numerose leggende sul mito dell'Anfiteatro Romano, come quella di una scolaresca che, entrata nelle strutture per una visita, non ne era più uscita.

Gli anni si sono susseguiti fino ai nostri giorni e quest'opera ha attraversato alterne fortune.

Nel 2014 era stato denunciato l’imminente collasso dei resti della struttura monumentale che, non solo stavolta rischiava di perdersi per sempre, ma avrebbe messo in serio pericolo tutte le imponenti strutture, erette nel corso del tempo sopra l’Anfiteatro stesso.

Per evitare che questo patrimonio storico-culturale venisse perso per sempre, è stata condotta un’accurata ricerca da parte dell’ ITlab Ibam Cnr grazie alla quale si è potuto realizzare un modello tridimensionale virtuale dell’Anfiteatro Romano di Catania in tutta la sua maestosa grandezza.

Il rilevamento mediante Laser Scanner e l’intera ricostruzione in 3D, sono stati curati e coordinati dall’architetto Francesco Gabellone, responsabile dell’ITlab Ibam, e da Catania Living Labv ed  hanno rappresentato per la prima volta una interessante proposta per la ricostruzione dell’Anfiteatro.

Successivamente  si è avuta una nuova lunga chiusura di circa tre anni che ha portato alla riqualificazione della struttura ed alla recente riapertura avvenuta il 3 luglio scorso.

L'anfiteatro è stato riaperto e la sua la gestione è passata dalla Regione al Comune, che ha elaborato un piano di valorizzazione turistica e culturale del secondo monumento romano, in modo tale da permettere alle generazioni future di conoscere e riscoprire il simbolo più prestigioso dell’antico passato della Città Etnea.

Oggi l'anfiteatro, restituito alla città, è visitabile tutti i giorni dalle ore 9 alle 19.


Testo di Maria Spalletta



In allegato video della ricostruzione in 3D .


https://youtu.be/KBy-SRxzRus?feature=shared


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